Si è inaugurata oggi, alle 18, alla Tethys Gallery di Firenze l’esposizione curata dai docenti Lorenzo Giotti e Gaia Vettori. Sono visibili dodici immagini che sfruttano analogico e digitale per creare contaminazioni di tecniche e linguaggi.
Da immagini di architetture abbandonate a invenzioni di paesaggi onirici e surreali, fino a visioni più intime e personali della transitorietà, del decadere e del divenire.
Il progetto espositivo rende visibili i lavori di quattro allieve della Libera Accademia di Belle Arti di Firenze, che hanno concluso gli studi in Fotografia lo scorso anno: Silvia Montevecchi, Ginevra Terenzi, Irene Trancossi e Ana Maria Ursu. Le giovani artiste espongono immagini in bianco e nero e a colori, affidandosi all’analogico e al digitale, in una contaminazione di tecniche e linguaggi.
Gli scatti in mostra sono racchiusi anche in un catalogo e sono stati selezionati da una commissione interna alla Laba tra le opere di undici creativi, che l’anno passato, nell’ambito del Laboratorio di Fotografia 3, si sono confrontati con questa specifica chiave di lettura della realtà.
I SINGOLI PROGETTI: APPROFONDIMENTI
SILVIA MONTEVECCHI – Jisei No Ku
Jisei significa “l’ultima parola detta prima della morte”; Ku si riferisce al momento poetico. E’ una usanza diffusa in Oriente, che risale al Giappone feudale del periodo compreso tra il 15esimo e il 16esimo secolo. Si tratta di brevi poesie che esprimono un ultimo pensiero, un addio al mondo da parte di samurai, monaci e poeti. Scegliendo alcuni di questi componimenti poetici, Silvia Montevecchi si è concentrata sulle sensazioni che le trasmettevano, rielaborandole e rievocandole in modo visivo attraverso le fotografie. Ha ricreato così un mondo fantastico
– al di fuori del tempo e della realtà –, in cui la morte è un attimo di sospensione, un passo verso l’ignoto.
GINEVRA TERENZI – Awere
Il termine “awere” è un concetto giapponese che si riferisce alla qualità emotiva insita nelle cose, nella natura e nell’arte, ma anche nella reazione interiore di una persona posta davanti ad una situazione o ad uno stimolo di forte impatto. Nell’ “awere” vi è un senso di malinconia dato dalla consapevolezza che la bellezza è destinata a morire. Ginevra Terenzi ha realizzato dunque tre autoritratti che si soffermano sulla malinconia e sulla rassegnazione, elementi che impediscono di affrontare con forza la realtà e che creano fragilità: la fragilità individuale è rappresentata da tre fiori che, posti su sfondo bianco, riescono ad emergere lentamente. Ogni autoritratto è associato ad un fiore per rimarcare il rapporto tra la malinconia e la volontà di reagire.
IRENE TRANCOSSI – Partie de Campagne
“Partie de Campagne” è un progetto fotografico che lancia domande, senza rispondere a nessuna di queste. Lascia il compito all’osservatore di immaginare i monelli che hanno lasciato avanzi di McDonald’s in un campo da calcio, o dove siano fuggiti i partecipanti di un compleanno al fiume. La caducità sta nel catturare i resti di una ‘scampagnata’ senza mostrare le persone che ne sono state protagoniste e neppure le loro azioni.
ANA MARIA URSU – Frammenti
Frammenti di vita, di memoria, di morte. Il corpo si abbandona al tempo, invecchia, muore e diventa polvere. Il corso della vita non può essere fermato o contrastato. La vita ha il suo corso e come una frana si porta dietro tutto. Tranne la memoria, quella rimane, come congelata, nella mente delle persone