In viaggio, tragitti del corpo, percorsi della mente.
Avendo alle spalle quasi due anni di pandemia e di assenza quasi totale di spostamenti, viaggi, incontri, il tema del viaggio della Biennale Giovani Fotografi Italiani, di questa edizione che verrà inaugurata a Bibbiena il 17 Settembre, appare quasi come una chimera, se non piuttosto una scommessa o una provocazione. Nella sua essenza il viaggio è movimento, spostamento nello spazio e nel tempo di persone, oggetti, esperienze. Ma nei mesi trascorsi chiusi in casa, il ciclo di movimento, lento o frenetico, ad un certo punto si è fermato e ha dato il via a un tempo immobile in cui il muoversi è stato diretto più verso sé stessi, verso una consapevolezza ed esperienza interiore o nel proprio immaginario.
I giovani fotografi allievi del corso accademico della LABA, accogliendo la sfida di questa tematica, in gran parte hanno virato verso una concezione del viaggio metaforica, come viaggio interiore, concettuale, immaginato.
Tra i progetti presentati, uno solo, scattato prima della pandemia, racconta un viaggio nello spazio geografico: è il lavoro Sled Dogs di Francesco Andreoli che nel 2019 ha indagato il perenne movimento dei camionisti che trasportano le merci da una parte all’altra sulle autostrade dell’Europa.
In altri progetti presentati viene affrontata una riflessione sul viaggio dell’esistenza umana, che, nel tempo della vita, dalla nascita ci porta inesorabilmente verso la vecchiaia e verso la perdita delle nostre energie fisiche e mentali.
Rosalba Panacciulli in Prima di te racconta l’arrivo sulla terra dei bambini prematuri, che come piccoli astronauti entrano nel mondo accompagnati dalle più avanzate tecnologie di sopravvivenza.
Camilla Miliani con Spegni la luce invece ci accompagna con delicatezza verso la fine del viaggio chiamato vita: l’attesa pacata, silenziosa degli ultimi attimi, con un invito a non avere paura del conclusivo viaggio nel silenzio.
Ma il viaggio della nostra vita umana è anche costellato di incontri, relazioni, che creano nodi e isole di sosta e di dolcezza durante il percorso. Melany Rovai con Legătură ci conduce all’interno di un complesso legame tra sorelle, in un viaggio nei nodi indissolubili dei rapporti e dei corpi che uniscono gli essere umani nella condivisione del loro percorso.
Gli altri progetti si sono indirizzati verso la visualizzazione di viaggi interiori, onirici, metaforici, immaginari, che i giovani fotografi selezionati hanno affrontato durante il periodo della pandemia, trovando in essi alternative al movimento fisico e al percorso nel tempo e nello spazio, scavando all’interno di una propria visione interiore e percettiva.
Desirée Di Giorgio in I don’t speak human mette in relazione la figura umana con gli elementi naturali, in un viaggio alla ricerca di un’unione utopica con la natura, con la sua evoluzione e la sua libertà.
Davide Orca nel suo progetto Kairos, intraprende un viaggio al di là del tempo presente nei ricordi della sua infanzia, immaginati nuovamente in un bianco e nero etereo ed onirico.
Camilla Poli con Fluctuat Nec Mergitur si incammina in un percorso interiore alla ricerca di un equilibrio e di una più profonda consapevolezza di sé, forse raggiungibile solo tramite la leggerezza e la vulnerabilità di una galleggiante barchetta di carta.
Il cammino termina con il lavoro di Clara Janz, Mission sur Mars 2056, che ci porta con l’immaginazione in un viaggio distopico su un pianeta lontano che diventa lo spazio contenitore delle paure e delle incertezze che tutti nutriamo verso il futuro che ci attende.
di Massimo Agus