Il fotografo George Tatge ospite speciale alla LABA di Firenze:
“La letteratura? La mia più grande passione.”
Ieri pomeriggio, nell’Aula Magna della Libera Accademia di Belle Arti, la Lectio Magistralis dell’artista dal titolo “Vagare tra Caos e Caso”: un viaggio di oltre tre ore, tra origini, passione e mutazione del linguaggio fotografico
FIRENZE, 31 GENNAIO 2017 – E’ stato un incontro intenso e ricco di spunti di riflessione, quello che si è svolto ieri pomeriggio nell’Aula Magna della Libera Accademia di Belle Arti di Firenze. A sedersi in “cattedra”, per alcune ore, il fotografo George Tatge, ospite speciale della LABA per una Lectio Magistralis dal titolo “Vagare tra Caos e Caso”.
L’artista si è confrontato con gli allievi del corso di Fotografia, parlando del suo percorso, dei cambiamenti “tecnologici” che hanno accompagnato e segnato il suo lavoro in questi anni (in particolare, il passaggio dal piccolo al grande formato) e illustrando il significato di alcune stampe originali tratte dalla mostra “Italia Metafisica”, organizzata nel 2015 a Villa Bardini, a Firenze, e che ancora oggi continua a girare l’Italia. La lezione è stata anche l’occasione, per i ragazzi, per rivolgere domande e curiosità a Tatge, che non ha mancato di far riferimento all’avvento del digitale e alla letteratura come fonte di ispirazione personale.
“E’ stata un’esperienza divertente e costruttiva – commenta George Tatge -. Spero che i partecipanti abbiano colto il senso del mio intervento. A loro vorrei dire: non stancatevi mai di leggere, di guardarvi intorno, di essere curiosi. Non chiudetevi, siate aperti al mondo e al linguaggio dell’arte, alle contaminazioni, alla letteratura. Per me, la letteratura è sempre stata motivo di grande ispirazione. Ti arricchisce e ti permette di vedere le cose da un’altra prospettiva. E’ stimolante entrare nella mente del romanziere e immaginare”.
Per chiudere, un ricordo legato agli anni dell’università: “Fu un professore ungherese a trasmettermi quella passione che mi permise di capire, di prendere consapevolezza, di sentire nel profondo – conclude Tatge – che la fotografia sarebbe stata la mia vita”.