Il critico d’arte Francesco Bonami è stato ospite della Laba di Firenze. Il curatore fiorentino di fama internazionale è intervenuto oggi in Aula Magna parlando di arte, cultura e del suo ultimo libro “L’arte nel cesso” (2017).
È stato un confronto diretto – a 360 gradi – con gli studenti, che hanno rivolto domande e condiviso spunti di riflessione. “Appena qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere di avere con noi, per una Lectio Magistralis, il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, persona stimata e preparata – commenta il direttore della Laba di Firenze, Mauro Manetti -. Stavolta ospitiamo un critico apprezzato in tutto il mondo, brillante e fiorentino: altra grande personalità che certamente saprà trasmettere ai nostri allievi concetti e punti vista non banali sul significato del fare arte oggi”.
Francesco Bonami è nato a Firenze nel 1955 e vive tra New York e Milano. Scrittore e curatore, è stato direttore della 50esima Biennale di Venezia nel 2003 e curatore del Museo di Arte Contemporanea di Chicago dal 1999 al 2008. Ha curato mostre allestite nei principali musei del mondo e ha contribuito alla realizzazione di progetti e mostre per l’arte e la moda per Pitti Immagine, Valentino, Max Mara e Safilo.
Ha condotto programmi sull’arte contemporanea per la televisione italiana su Sky, RAI1 e RAI 2. Collabora regolarmente con La Stampa, GQ, Vogue, Donna Moderna e Vanity Fair.
È autore di numerosi libri sull’arte contemporanea come il bestseller “Lo Potevo Fare Anch’io” e “L’arte nel Cesso: da Duchamp a Cattelan ascesa e declino dell’arte contemporanea” edito da Mondadori.
“L’ARTE NEL CESSO. DA DUCHAMP A CATTELAN, ASCESA E DECLINO DELL’ARTE CONTEMPORANEA”: SCHEDA LIBRO
Con l’autoironia che lo contraddistingue, Francesco Bonami, uno dei più brillanti critici d’arte internazionali, riprende il discorso avviato dieci anni fa in “Lo potevo fare anch’io” e ammette che, in fondo, tante opere alla cui vista restiamo sgomenti forse avremmo potute farle pure noi, e comunque, anche se le ha fatte qualcun altro prima, questo non significa affatto che si tratti di arte. Per concludere, provocatoriamente ma non del tutto, che l’arte contemporanea – che ha avuto inizio nel 1917 con l’orinale capovolto (Fontana) di Marcel Duchamp – oggi, a un secolo esatto, è giunta alla sua fine, e deve lasciare il posto a una nuova fase.
E con che cosa si è conclusa? Con America, il cesso d’oro 18 carati di Maurizio Cattelan esposto nell’autunno 2016 al Guggenheim di New York, dove lo si può non solo ammirare ma persino usare. In questi cento anni, ci dice Bonami, abbiamo visto davvero di tutto, dagli artisti che sulla scia di Duchamp espongono un oggetto, a chi propone un concetto (come Una e tre sedie di Joseph Kosuth), a chi mostra un progetto, ovvero parole, disegni, grafici che vengono presentati come opere d’arte ma al momento sono semplici ipotesi in attesa di essere realizzate (come accade per esempio con Christo, ma non con Peter Fend, che in genere espone solo fantasiose e irrealizzabili ipotesi sul mondo, come cambiare i confini di certe nazioni o deviare il corso del Danubio). Tutti accomunati dall’intento di sorprendere.
Attraverso una serie di racconti e riflessioni, l’autore ci mostra perché ora all’arte non bastano più solo idee che si rincorrono con l’obiettivo di essere una più rivoluzionaria dell’altra. E perché, provocazione dopo provocazione, la contemporaneità ha esaurito il suo potere di stupire. E conclude che, per tornare a essere utile, l’arte deve ritrovare la capacità d’inventare e narrare storie, recuperando quell’essenziale cocktail di ingenuità e genialità che è alla base della creatività umana.