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I cinque artisti contemporanei più famosi e quotati

Quando si parla di arte contemporanea si parla di un’arte che utilizza differenti linguaggi: performance, videoarte, arte digitale, scultura, disegno, fotografia.

Il lavoro dell’artista contemporaneo si distingue quindi per la sua continua ricerca di significato nel momento della produzione dell’opera stessa, ed è per questo che l’arte contemporanea è ancora attuale nonostante siano passati diversi decenni dalla sua definizione come tale. Per definizione inoltre è in eterno cambiamento, un adeguamento alla rappresentazione della realtà effimera.

Sicuramente stilare una classifica dei migliori artisti contemporanei, che sia attendibile e definitiva, non è compito facile. Anche i critici e gli esperti hanno spesso pareri discordanti e il mercato dell’arte, con la sua sorprendente natura, è sempre in fermento.

Tra i gli artisti più papabili come gli artisti contemporanei più famosi e quotati possiamo considerare: Matteo Rubbi, Anna Franceschini, Invernomuto, Davide Savorani, Irene Dioniso, Luca Monterastelli, Andrea Romano, Francesco Arena, Patrizio Di Massimo, Giulia Cenci, Serena Vestrucci, Giulio Squillacciotti, Caterina Erika Shanta, Roberto Fassone, Diego Marcon.

Ma qui parleremo dei 5 che hanno già lasciato un segno profondo nell’arte contemporanea mondiale: Francesco Vezzoli, Paola Pivi, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Loris Cecchini.

Francesco Vezzoli

Nasce a Brescia nel 1971, ad oggi è uno dei più quotati e riconosciuti artisti italiani nel panorama internazionale. Si ispira in modo quasi esclusivo a Luchino Visconti ed un continuo gioco tra cultura alta e bassa.

È con questa formula che affronta le diverse forme d’arte con un tocco inconfondibile che lo porta a ricamare lacrime sgargianti su ritratti di dive del jet-set o delle copertine.

In The kiss (let’s play Dinasty), riesce a contrapporre la sacralità della scultura antica alla sua immagine irriverente e beffarda: Satire of a Satyr.

Francesco Vezzoli gioca tra cultura alta e cultura pop, tra sacro e profano”.

Paola Pivi

Paola Pivi, Untitled (leopard), 2007. Courtesy Massimo De Carlo, Milan/London


Nata a Milano nel 1971, lavora e vive con la famiglia ad Anchorage, in Alaska. Artista visionaria ed imprevedibile, il suo approccio è molto diretto e privo di dietrologie.

Gli allestimenti dei lavori sono invece complessi: ora decide di ribaltare un elicottero nel bel mezzo di Central Park.

How I roll, 2012 -, ora di far camminare un leopardo in mezzo ad un tappeto di tazze di cappuccino – One cup of cappuccino then I go, 2007 – ora mette un asino su una barca desolata in mezzo al mare – Untitled, 2003, lavoro esposto ad Ennesima, mostra attualmente in corso alla Triennale di Milano.

La sua filosofia si può riassumere nel titolo dell’opera del 2007: If you like it, thank you. If you don’t like it, I’m sorry. Enjoy anyway. Letteralmente: “Se ti piace, grazie. Se non ti piace, mi dispiace. Goditelo comunque”.

Paola Pivi ha delle visioni che diventano successivamente opere cui lo spettatore non deve nulla nell’interpretazione”.

Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Belinda, 2013. Courtesy Massimo De Carlo, Milan/London

È un artista che non vuole caricare di significati le proprie opere. Qui si va oltre la visione, e si sfocia in una consapevole volontà di stupire, destabilizzare, rivelare. Cuoghi ha una grande manualità che lo rende uno “scultore non-scultore” in grado di maneggiare i materiali più inconsueti. La sua cifra stilistica la si può notare nelle imponenti opere amorfe.

Una tra le sue opere più famose è Belinda (2013). La scultura è composta da polvere dolomitica consolidata con acqua marina e cenere ricavata dai forni delle pizzerie che spiazza l’impreparato visitatore. L’oggetto sembra pesante ma è composto da uno scheletro leggerissimo. Alla Triennale di Milano in occasione di Bellissima, ha esposto un panciuto e accurato assemblaggio di corda, ceramica, bamboo e sabbia dolomitica che pare in alcuni tratti avere sembianze umanoidi (Senza titolo, 2015).

Roberto Cuoghi indaga sulla deformità che per ricerca dell’inusuale, della non omologazione, della rivelazione stupefacente”.

Lara Favaretto

Lara Favaretto, Good luck, veduta della mostra. Courtesy Fondazione MAXXI – Foto Musacchio IannielloLara Favaretto trasmette spesso malinconia (Treviso, 1973), qualcosa che ricorda allo spettatore il suo personale rapporto col tempo, la fragilità delle cose in relazione ad esso. ‘impossibilità delle persone di rimanere uguali a sé stesse di fronte al passare delle ore, dei minuti, dei secondi. Nella celebre opera Only if you are a magician si percepisce molto bene. In cui un cubo di confetti viene costretto, in balia del tempo, a sgretolarsi, e perdere la sua forma originaria. In occasione di dOCUMENTA 13 a Kassel, l’artista ammassa una serie di oggetti arrugginiti all’aperto, constatando la loro naturale erosione (Momentary monument IV, 2012).
La frase ad effetto: “Lara Favaretto ci ricorda con le sue opere come il tempo cambi qualsiasi cosa, come, dinnanzi al suo scorrere, nulla sia immutabile”.

Loris Cecchini

Loris Cecchini, Waterbones (sponge), 2014

Viaggia su una linea sottile tra sense of humor garbato e una sensibilità poetica, il lavoro di Loris Cecchini. La sua arte varia dal disegno, alla scultura, alla fotografia all’installazione ambientale. Inconfondibile il suo ciclo di lavori di oggetti replicati in scala 1 a 1 con gomma uretanica che si piegano su se stessi per il loro peso, in una deformazione causata dalla mancanza di struttura interna. – Stage evidence (soft door II), 2000.

Loris Cecchini, sia che deformi gli oggetti o che saldi moduli d’acciaio, è attratto dalla struttura delle cose. Il tutto coadiuvato dal surrealismo”.

Premio "Vittorio Alinari" 2017/18
Alessandro Corina su Best Italian Interior Design Selection