Siamo un mondo in eterna evoluzione, in costante movimento, in perpetua transizione. Il cambiamento fa parte della società e anche i momenti più bui, come quello della pandemia da Covid che ha afflitto tutto il pianeta, ci insegnano che dopo la stasi c’è sempre un punto di ripartenza.
Ed è proprio “transizione”, nelle sue mille sfaccettature e significati, la parola chiave della nuova edizione di “Creactivity”, la manifestazione dedicata al genio creativo in programma il 18 e 19 novembre 2021 negli spazi del museo Piaggio di Pontedera. Tra i partner della kermesse, la Libera Accademia di Belle Arti di Firenze che, con il professor Angelo Minisci, non farà mancare il proprio apporto in termini organizzativi e di contenuti.
“Transeetion – Visioni e contradditori nelle transizioni prossime venture” è, appunto, il tema attorno a cui si snoderanno le discussioni, in presenza e con collegamenti da remoto. Quattro, in particolare, le sottocategorie di confronto che aprono importanti scenari di riflessione: “NEW MOBILITY – Energy transition – La transizione energetica”, “EXTREME DESIGN – Technological transition – La transizione tecnologica”, “SOCIAL COMMUNICATION – Social transition – La transizione sociale” e “FASHION DESIGN – Sustainable Fashion” ovvero moda sostenibile e sempre più green. Ma prima di entrare nel merito delle singole macro-aree, vogliamo porci una domanda di base: cosa significa “transizione” per gli studenti di oggi? In che modo il mondo universitario e accademico possono favorire la transizione dei ragazzi verso nuove prospettive? Che orizzonti apre la LABA di Firenze ai propri studenti nella transizione verso il settore professionale?
Con il termine “transizione” (dal latino “transitio – onis”, derivato di “transire” ovvero “passare”) si indica il passaggio da un modo di essere o di vita a un altro, da una condizione o situazione specifica a una nuova e diversa. Le università o le accademie, come la LABA di Firenze, nascono proprio con questo obiettivo: supportare il passaggio dei giovani dall’universo didattico al mondo del lavoro, coltivando le attitudini dei giovani studenti e i loro talenti, orientandone scelte e abilità. La transizione, dunque, non si realizza solo in termini formativi e legati all’ambito del sapere ma anche in rapporto alla dimensione individuale del giovane, per fa sì che ogni singola capacità venga valorizzata e indirizzata nella giusta direzione. Crescita, consapevolezza e creatività sono i tre punti di riferimento della Libera Accademia di Belle Arti di Firenze che offre ai propri iscritti cinque corsi triennali di primo livello – in Fashion Design, Graphic Design, Fotografia, Design e Pittura – e due corsi di secondo livello in Interior Design e in Cinema e Audiovisivi. Attraverso un piano formativo completo, composto da lezioni frontali in aula, laboratori e stage, la LABA di Firenze è in grado di seguire i propri studenti a 360 gradi, fornendo competenze e conoscenze anche attraverso l’ampio ricorso a sistemi tecnologici d’avanguardia. Ormai qualsiasi professione non può fare a meno dell’impiego della tecnologia e di soluzioni innovative e performanti: la LABA mette in campo strumenti digitali di ultima generazione per permettere agli studenti di familiarizzare da subito con linguaggi e sistemi contemporanei che ritroveranno anche nei vari ambiti professionali scelti. Un corpo docente preparato e presente, unito a collaborazioni prestigiose con aziende nazionali, consentono ai ragazzi della LABA di fare un’esperienza completa e ricca di stimoli.
Ma torniamo adesso al tema di Creactivity e veniamo ad alcuni esempi pratici: il concetto di transizione applicato a due progetti di studio sviluppati dagli allievi del corso di Design. Si tratta degli studenti Gaia Gorelli e Gian Marco Pellegrini, entrambi laureati alla LABA a pieni voti. Due casi simbolo che si sposano perfettamente con i sottotemi della manifestazione al Museo Piaggio: la transizione sociale e la transizione tecnologica.
Nella propria tesi Gaia Gorelli illustra il progetto “Melaria”, nato per promuovere la salvaguardia delle api a beneficio della biodiversità. L’elaborato pone al centro il rapporto di integrazione tra vegetali, animali e umani con l’obiettivo di dar vita ad un nuovo ecosistema più equilibrato e rispettoso. Ma il progetto intende soprattutto mettere in campo soluzioni in grado di apportare cambiamenti comportamentali nella vita di tutti i giorni e contribuire così alla realizzazione di buone pratiche.
Il punto di partenza è la progettazione di un’arnia che risponda a tutti i canoni per il corretto allevamento di api in un centro urbano: una struttura studiata per osservare i comportamenti delle api senza invadere la loro dimora. Attraverso un particolare meccanismo, è possibile inoltre estrarre il miele senza indossare protezioni o praticare attività invasive sia per l’insetto che per l’uomo. L’arnia è pensata per essere destinata a enti o associazioni che promuovono l’apicoltura urbana a scopo didattico o riabilitativo. Gli alveari possono quindi essere installati in aziende, parchi e scuole mentre il prodotto ricavato può essere distribuito alla collettività. Altro elemento chiave, il packaging, che consente la distribuzione e la consumazione del miele al suo stato più puro, inalterato, ovvero ancora dentro al favetto. Ma non solo. La carta del packaging presenta infatti, all’interno dell’impasto, una varietà di semi di piante mellifere: una volta consumato il favetto, il telaio in legno e il sacchetto in Mater-Bi impermeabile e richiudibile fungeranno da perfetto primo alloggio per la germinazione dei semi contenuti nella carta. Risultato, la possibilità di coltivare fiori sul proprio balcone o in altre aree, fiori utili agli insetti impollinatori. Ecco quindi materializzarsi una sorta di circolo virtuoso rispettoso dell’ambiente, dell’ecosistema complessivo e capace di rinsaldare il senso del vivere comune.
Altra tesi estremamente in linea con il concetto di “transizione” è quella, come detto, di Gian Marco Pellegrini, incentrata sul “Generative Design”. Di cosa stiamo parlando? In questo caso ci occupiamo di una nuova dirompente tecnologia che offre un cambiamento di paradigma per la messa a punto di nuovi prodotti. Generalmente il ciclo di progettazione si muove lungo alcune direttrici standard: definizione, ricerca, specifiche, progettazione, sviluppo, test e una serie di revisioni che vengono aggiornate, di volta in volta, fino a quando non si arriva allo sviluppo di un prodotto ritenuto soddisfacente. Bene, il Generative Design altera questo modus operandi sfruttando l’intelligenza artificiale e la simulazione avanzata per fornire al progettista numerose alternative progettuali praticabili. I progettisti non sono quindi più limitati e influenzati dalla loro immaginazione, dal loro livello di esperienza o dai progetti precedentemente creati. Vengono liberati dalla parte più ripetitiva del lavoro di progettazione potendo sfruttare a pieno le proprie abilità per valutare i vari modelli generati.
La ricerca si occupa, in particolare, di analizzare le fasi progettuali del processo generativo: dalla modellazione tridimensionale tradizionale alle rivoluzionarie metodologie di progettazione generativa, fino all’ultima fase legata alla fabbricazione digitale, con un focus sull’Additive Manufacturing. Pellegrini si sofferma anche su un caso specifico: l’elaborato di un manufatto legato al settore della progettazione di beni di consumo, in collaborazione con l’azienda MSC Software Corporation di Hexagon Manufacturing Intelligence, che ha fornito il software MSC Apex Generative Design per la progettazione generativa. Ne scaturisce dunque una riflessione sui possibili scenari, le possibili applicazioni e i cambiamenti complessivi che ne derivano anche per la professione stessa del Design.